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Marchi notori in Italia: protezione rinforzata

La recente giurisprudenza della Corte di Cassazione italiana risulta incentrata su una sempre maggior tutela dei marchi notori.

La recente giurisprudenza della Corte di Cassazione italiana, in linea con le ultime modifiche apportate al Codice di Proprietà Industriale, intervenute con l’approvazione del D.lgs. 15/2019, in recepimento della Direttiva 2436/2015, risulta incentrata su una sempre maggior tutela dei marchi notori, con il riconoscimento del diritto all’ottenimento del risarcimento del danno, in modo sempre più efficace e soddisfacente per i titolari dei diritti di IP.

In particolare, la Cassazione, sez. I, con ordinanza del 07/10/2021, n. 27217, ha fatto riferimento a tre diversi profili di pregiudizio arrecato alla notorietà del marchio, definiti rispettivamente svilimento, diluizione e parassitismo. Il primo fenomeno si manifesta “quando risulta indebolita la sua idoneità ad identificare i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, per il fatto che l'uso del segno identico o simile fa disperdere l'identità del marchio e della corrispondente presa nella mente del pubblico”, il secondo si verifica “quando i prodotti o i servizi per i quali il segno identico o simile è usato dal terzo possono essere percepiti dal pubblico in modo tale che il potere di attrazione del marchio ne risulti compromesso” ed il terzo, invece, va “ricollegato non al pregiudizio subìto dal marchio, quanto piuttosto al vantaggio tratto dal terzo dall'uso del segno identico o simile al marchio. […] Il titolare del segno posteriore, in sostanza, ponendosi nel solco del marchio notorio, beneficia del suo potere attrattivo, della sua reputazione e del suo prestigio, senza dover sborsare alcun corrispettivo economico”.

L’aspetto di maggiore interesse dell’ordinanza, consiste nell’espresso riconoscimento del valore della notorietà e del potere distintivo del marchio, in sede di accertamento dell’indebito vantaggio tratto dal soggetto che utilizza il segno posteriore: “al fine di accertare se l'uso del segno tragga indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio, occorre effettuare una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti del caso di specie, fra i quali compaiono, in particolare, l'intensità della notorietà e il grado del carattere distintivo del marchio, il grado di somiglianza fra i marchi in conflitto, nonché la natura e il grado di prossimità dei prodotti o dei servizi interessati. In particolare, quanto all'intensità della notorietà e del grado di carattere distintivo del marchio, è stato evidenziato che più il carattere distintivo e la notorietà del marchio di cui si tratta sono rilevanti, più facilmente sarà ammessa l'esistenza di una violazione”. In questo modo, notorietà e potenziale distintivo del marchio divengono ancor più centrali e consentono di garantire ai titolari dei segni distintivi una tutela rafforzata ed effettiva.

Nel caso di specie, la Cassazione ha accolto le censure mosse da Gucci alla sentenza della Corte d'Appello di Firenze del 15/06/2016 che, pur avendo riconosciuto la notorietà dei marchi Gucci, non aveva tenuto in debito conto la notorietà quale parametro per accertare la nullità di marchi successivi simili e la contraffazione degli stessi marchi Gucci. Si trattava, in particolare, del marchio n. 0001197772 del marchio n. 0001355749.

L'importante pronuncia della Cassazione è strettamente collegata al rafforzamento, operato in sede legislativa, della tutela del marchio notorio, che gode di una protezione rafforzata, che prescinde dalla sussistenza di un concreto rischio di confusione. Ciò avviene in quanto, oggi, al marchio viene riconosciuta una pluralità di funzioni meritevoli di tutela, ivi incluso il potere evocativo e di comunicazione, racchiuso nella funzione pubblicitaria, tipico specialmente dei marchi notori.

Analoghi principi sono stati affermati dall’ancor più recente decisione della Cassazione nel caso Santal ./. Sante, del 29/11/2021, n. 37355, secondo cui “il giudizio di “affinità” di un prodotto rispetto ad un altro coperto da un marchio notorio o rinomato deve essere formulato - anche nella disciplina dei marchi interpretata conformemente alla direttiva 21 dicembre 1988, n. 89/104/CEE e previgente rispetto alle modifiche introdotte con il d.lgs. 4 dicembre 1992 n. 480 (espressione di un vero e proprio favor legis nei confronti dei marchi notori) - secondo un criterio più largo di quello adoperato per i marchi comuni”.

Per quanto riguarda il recente orientamento della Cassazione in materia di risarcimento del danno, si segnala la recente pronuncia del 29/07/2021, n. 21832, che ha espressamente affermato che “in tema di proprietà industriale, il titolare del diritto di privativa che lamenti la sua violazione ha facoltà di chiedere, in luogo del risarcimento del danno da lucro cessante, la restituzione (cd. retroversione) degli utili realizzati dall’autore dell’illecito, con domanda proposta ai sensi dell’art. 125 c.p.i., senza che sia necessario allegare specificamente e dimostrare che, agli utili realizzati dal contraffattore, sia corrisposto un mancato guadagno da parte sua”.

Con tale decisione, riferita a un caso di contraffazione di brevetto, ma applicabile a tutti i titoli di privativa industriale (come marchi e disegni-modelli) la Corte ha precisato che il meccanismo risarcitorio della retroversione degli utili ha una funzione autonoma, che si pone in un rapporto di alternatività soltanto rispetto al lucro cessante e non anche rispetto al danno emergente. Danno emergente e retroversione degli utili, infatti, sono perfettamente cumulabili.

Per di più, ricorda la Corte, l’art. 125 c.p.i. è chiaro “nell’ammettere la richiesta della retroversione degli utili realizzati dal contraffattore nella misura in cui essi superino il risarcimento del lucro cessante”. Da un punto di vista dell’applicazione pratica della norma, si può facilmente immaginare il caso, “in materia brevettuale, in cui la titolarità del diritto di proprietà industriale può essere svincolata dallo svolgimento di una attività di impresa, quando l’inventore titolare lamenti la violazione da parte di un imprenditore di una privativa che egli non ha ancora provveduto a realizzare o a far realizzare industrialmente”.

Nel caso esaminato dalla Cassazione, è stato confermato il risarcimento del danno, liquidato in una somma pari a 420.000 euro dal Tribunale di Milano con decisione del 10/07/2018 e confermato dalla Corte d’Appello di Milano del 10/10/2019. Tale somma è stata calcolata sulla base del margine operativo lordo derivante dalla vendita di 7 milioni di cartucce perforabili di gas liquido (prodotti in contraffazione del brevetto azionato) e dimezzando la somma in ragione dell’accordo transattivo raggiunto da uno dei titolari del brevetto con il contraffattore.

Si segnala che la decisione citata rileva come la giurisprudenza tende a valorizzare in modo significativo l’aspetto dell’indebito vantaggio e/o dell’arricchimento tratto dal contraffattore, come criterio per la determinazione del danno, indipendentemente dall’applicazione del meccanismo della retroversione degli utili.

In conclusione, i titolari di marchi notori, o quantomeno conosciuti  sul mercato di riferimento, possono beneficiare di una protezione estesa, non solo in termini di riconoscimento dei loro diritti di proprietà intellettuale, ma anche di ritorno monetario, sul piano della liquidazione del risarcimento dei danni, a titolo di compensazione dei loro investimenti promozionali effettuati per supportare la notorietà del brand.

 

Un articolo dello Studio Legale Jacobacci & Associati

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